Articolo sull’EMDR

IL TRAUMA E LA SUA ELABORAZIONE ATTRAVERSO L’EMDR

La parola trauma è usata per descrivere l’impatto altamente stressante che anche eventi comuni possono avere quando c’è una vulnerabilità personale per ragioni biopsicofisiche e per fattori ambientali ed esperienziali.
Non sono i fatti in sé accaduti a determinare il nostro equilibrio psichico, ma il modo con cui li abbiamo elaborati.
Tutti noi abbiamo vissuto dei traumi di piccola o grande portata, gli eventi molto dolorosi lasciano un’impronta profonda nel nostro cervello.
Il solo parlare dell’evento, vedere qualcosa o sentire un odore che ce lo ricorda attiva la parte più profonda del nostro cervello emotivo: 1) la zona dell’amigdala, come attivatore della paura; 2) la corteccia visiva, come improvvisamente si rivedesse l’immagine disturbante; 3) in queste situazioni l’area di Broca responsabile dell’espressione del linguaggio, spesso, si disattiva, è come non trovare le parole per descrivere cosa e come si è vissuto il trauma (E. Pedone, 2010).I traumi passati condizionano il presente, le esperienze traumatiche, soprattutto se perpetrate all’interno della famiglia da adulti significativi, condizionano lo sviluppo psicologico e la salute mentale del bambino, la sua capacità di stabilire relazioni affettive soddisfacenti una volta divenuto adulto e genitore a sua volta, il funzionamento del sistema nervoso, dell’apparato neuroendocrino,del benessere fisico durante l’intera esistenza.

L’EMDR è un acronimo che sta per Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari e si basa sulla rielaborazione adattiva dell’informazione che avviene a livello neurofisiologico.
E’ un metodo ideato da Francine Shapiro usato per accedere ed elaborare i ricordi di esperienze traumatiche.
L’EMDR si basa sugli effetti che produce la stimolazione bilaterale alternata di alcuni organi di senso (visivi, tattili o acustici) sui due emisferi cerebrali.
L’approccio EMDR permette non solo di rielaborare i traumi del passato, ma anche di potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per affrontare le sfide della vita quotidiana.

IL MECCANISMO INNATO DI AUTOGUARIGIONE
Nell’uomo il sistema di elaborazione dell’informazione è innato, le informazioni vengono normalmente elaborate così da poter essere integrate e usate in futuro; quando vi sono esperienze emozionali disturbanti il meccanismo innato di autoguarigione si blocca, la persona non riesce da sola ad elaborare l’evento e l’informazione rimane racchiusa in una rete neurale con le stesse emozioni, convinzioni, e sensazioni fisiche che esistevano al momento dell’esperienza originale; questo nel tempo si può generalizzare e provocare sintomi di ansia, depressione, stress.

RISULTATI RAPIDI
Quello che c’è di diverso rispetto a ciò che normalmente si fa in psicoterapia è la rapidità con cui questo processo elaborativo ha luogo e la risolutiva desensibilizzazione e ristrutturazione cognitiva che ne deriva.

Articolo scritto da Dott.ssa Laura Tavani

Bibliografia: E. Pedone: terapia familiare con l’ausilio dell’Emdr (2010), Ebsco Psycinfo

EDUCAZIONE EMOTIVA

E’ attraverso le emozioni che i bambini possono dare forma ai loro pensieri, ai legami affettivi, al loro percorso di crescita.

La qualità dello sviluppo è influenzata da come i bambini apprendono già dai primi anni di vita a far fronte alle proprie emozioni. Oltre alla famiglia, la scuola è un luogo privilegiato in cui  i bambini sperimentano l’intrecciarsi dell’apprendimento e della relazione. A scuola è rilevante sviluppare progetti e usare mezzi educativi che aiutino i bambini a conoscere se stessi, ad imparare ad ascoltarsi, attivando relazioni interpersonali positive sia con i pari che con gli adulti.

Molti soggetti crescono pensando che le loro emozioni sono da nascondere:

– speriamo che nessuno sappia che mamma e papà litigano sempre, speriamo che nessuno si accorga che il vicino di casa mi molesta…

Le emozioni irrisolte in preadolescenza e adolescenza diventano:

– bullismo (in tutte le sue varianti)

– disturbi del comportamento alimentare

– comportamenti a rischio

-fobie sociali

-dropping out

Le emozioni hanno bisogno di essere presidiate, raccontate e curate attraverso il potere della relazione e della comunicazione.

OGGI L’EDUCAZIONE EMOTIVA È LASCIATA AL CASO E TUTTI GLI STUDI CONCORDANO NEL SEGNALARE LA TENDENZA, NELL’ATTUALE GENERAZIONE, AD AVERE UN MAGGIOR NUMERO DI PROBLEMI EMOTIVI RISPETTO A QUELLE PRECEDENTI.

E QUESTO PERCHÉ OGGI I GIOVANISSIMI SONO PIÙ SOLI E PIÙ DEPRESSI, PIÙ RABBIOSI E RIBELLI, PIÙ NERVOSI E IMPULSIVI, PIÙ AGGRESSIVI E QUINDI IMPREPARATI ALLA VITA, PERCHÉ PRIVI DI QUEGLI STRUMENTI EMOTIVI INDISPENSABILI PER L’AUTOCONSAPEVOLEZZA, L’AUTOCONTROLLO, L’EMPATIA, SENZA I QUALI SARANNO SÌ CAPACI DI PARLARE, MA NON DI ASCOLTARE, DI RISOLVERE I CONFLITTI, DI COOPERARE.

U. GALIMBERTI L’ospite inquietante feltrinelli, MILANO, 2007

Cos’è la mindfulness?

E’ la pratica «consapevolezza» , funziona per combattere lo stress.

E’ stato rilevato come si stiano moltiplicando i gruppi nel mondo, Italia compresa, che la propongono come medicina per guarire le ferite e le sofferenze che oggi si chiamano stress e che non sono legate soltanto a malattie, ma anche al vivere quotidiano, ai disagi dell’ambiente di lavoro, alle pressioni sociali, alla crisi attuale.

La pratica della mindfulness  è una forma di meditazione che è stata valutata in una serie di ricerche scientifiche, censite dal sito PubMed(l’archivio universale degli studi in campo biomedico), a partire dal 1982.

Il primo lavoro porta la firma di Jon Kabat-Zinn dell’University of Massachusets Medical School di Worcester e si riferisce al trattamento del dolore. L’ultima, sul giornale Brain, Behavior & Immunity, ancora a firma di Kabat-Zinn, è dell’agosto scorso e dimostra come la meditazione sia un vero è proprio farmaco contro la solitudine degli anziani.

 

Santorelli spiega che la mindfulness è la consapevolezza che nasce dal prestare attenzione al momento presente, intenzionalmente e senza giudicare. Consapevolezza non è sinonimo di rilassamento e non è nemmeno una filosofia: è un modo di essere che implica lo stare costantemente in relazione con se stessi e con il mondo e l’accettare quello che c’è, sia che si tratti di disagio, di sofferenza, di passione o di piacere.

Ovvero passiamo la maggior parte della nostra vita a pensare al passato o al futuro, mentre dovremmo radicarci nel presente, nel «qui e ora», imparando ad accettare noi stessi e a vivere più profondamente le nostre esperienze che sono fatte di sensazioni, di emozioni, di pensieri, di relazioni. L’obiettivo di tutto questoè diminuire la sofferenza interiore e lo stress.

Sono diverse le strade che conducono alla mindfulness e che si apprendono con la pratica. Una è quella del corpo, l’altra è quella delle sensazioni, la terza è quella delle emozioni: eccole in estrema sintesi. La pratica del body scan, per esempio, che viene insegnata durante le lezioni, permette di prestare attenzione al corpo. Ecco allora che mi concentro sul respiro, poi sulle mani, poi sui piedi che appoggiano a terra… E posso anche ascoltare le sensazioni che provo toccando con la mano il bracciolo della sedia o cercare la posizione più piacevole (è questa la strada delle sensazioni) o, infine, accogliere pensieri ed emozioni che arrivano alla mia mente, piacevoli o spiacevoli, non importa, non devo giudicare… (è la pratica con le emozioni)

 

LEGAME TRA LE CURE MATERNE E SVILUPPO DELL’IPPOCAMPO NEI BAMBINI

Da una ricerca della Waschington University School of Medicine di St. Louis si rileva come i bambini che durante l’età prescolare ricevonodcure materne intense sviluppano meglio l’area del cervello necessaria per la regolazione dell’apprendimento, della memoria e dello stress.
SecondoEnrico Cherubini, coordinatore del settore di Neurobiologia della Sissa di Trieste e presidente della Società italiana di neuroscienze  vi è un rapporto tra la sviluppo dell’ippocampo e le cure materne, tale interdipendenza viene confermata anche anche da vari studi condotti sul mondo animale.

Nei primi anni di vita il bambino ha un cervello plastico, in grado di formare continuamente nuove connessioni. Quindi è altamente probabile che gli stimoli materni contribuiscano all’aumento di questo network, favorendo lo sviluppo delle sinapsi dell’ippocampo.

I ricercatori hanno condotto un esperimento costringendo bambini dai 3 ai 6 anni ad affrontare una situazione frustrante. I bambini venivano lasciati in una stanza con un pacchetto dai colori molto vivaci, avrebbero potuto aprire il regalo solo dopo che la mamma avesse portato a termine una serie di disegni.

Osservando come madre e figlio gestivano la situazione, pensata proprio per replicare i fattori di stress tipici della quotidianità (in cui una mamma non può assecondare in ogni momento le richieste del figlio), gli studiosi hanno classificato sotto la categoria “accudimento” i casi in cui le madri offrivano rassicurazione e supporto al bambino, e diversamente quelli in cui lo ignoravano o rimproveravano.
In seguito, quando i bambini avevano compiuto dai 7 ai 10 anni, i ricercatori hanno effettuato scansioni con risonanza magnetica al cervello di 92 di loro, riscontrando, in quelli con mamme più amorevoli, un ippocampo più grande del 10 per cento rispetto a quelli rientrati nell’altra categoria.

 

FAMIGLIE SEPARATE

La separazione e il divorzio sono processi che portano ad un’evoluzione delle relazioni famigliari su diversi piani: coniugale, genitoriale e ambiente esterno.

A livello coniugale la coppia deve riuscire ad elaborare il divorzio psichico, le persone separate dovrebbero ritrovare la loro progettulità individuale, la fiducia nelle proprie capacità. Elaborando il fallimento del legame la coppia può gestire il conflitto in maniera cooperativa.

Da ricerche fatte si è notato come il perdurare del conflitto per lunghi periodi di tempo dopo la separazione costituisce la principale fonte di stress anche per i figli, perchè continuano ad essere coninvolti in dinamiche relazionali non funzionali.

A livello genitoriale è necessario che gli ex coniugi continuino a svolgere i ruoli di madre e padre e a rispettarsi reciprocamente. Ogni genitore deve favorire l’accesso all’altro e alla sua famiglia d’origine, al fine di non negare al figlio il senso di continuità della propria storia.

Solo se gli ex coniugi hanno rielaborato le perdite relative alla separazione e riconosciuto il proprio contributo al fallimento coniugale potrà instaurarsi un rapporto di collaborazione per gli aspetti che riguardano gli esercizi della genitorialità.

Per quanto riguarda le relazioni con l’ambiente esterno, gli ex coniugi devono ridefinire i rapporti con le rispettive famiglie d’origine, con gli amici e conoscenti.

Il processo di separazione assume diversi aspetti in relazione alla fase del ciclo di vita in cui avviene, alla storia intergenerazionale dei protagonisti, all’età dei figli che ne sono coinvolti, alle risorse di cui dispone ogni membro della famiglia e alle specifiche dinamiche relazionali che costituiscono lo scenario in cui si costituiscono le problematiche famigliari in quel preciso momento del ciclo di vita.

Le fasi del ciclo di vita con maggior probabilità che possa verificarsi una separazione coniugale sono:

– la fase della formazione della coppia

– la fase della nascita del primo figlio

– la fase dell’adolescenza dei figli

– la fase dell’uscita di casa dei figli

M.M. Togliatti; A.L. Ladavera.Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia. 2002 il Mulino

ESPERIENZE TRAUMATICHE

Un trauma è uno stimolo così intenso da sopraffare le capacità di resistenza e di adattamento di un organismo. Un evento diventa traumatico quando supera la capacità dell’individuo di agire ad esso.

Non tutte le esperienze stressanti  sono seguite da una condizione che influenza negativamente l’attività della mente.

Se la situazione viene affrontata in modo sufficentemente efficace, mantenendo il pericolo sotto controllo e ripristinando una condizione di relativa sicurezza, non comporterà un trauma psicologico. Tale processo può richiedere del tempo ed è influenzato dal sostegno ricevuto e dalle regole del contesto sociale di appartenenza.

Di fronte a un’esperienza potenzialmente traumatica si attivano delle reazioni generali di tipo sia psicologico che somatico, utili per far fronte alla situazione.

Se l’evento può essere affrontato in modo attivo, o può essere evitato, si innescherà una reazione di lotta o fuga (F. Baldoni, 2010)

Di fronte a situazioni molto stressanti verso le quali l’individuo non si sente in grado di farvi fronte o di fuggire da essi si manifesterà una reazione di conservazione/ritiro.

 

Vittime del bullismo da piccoli, ansiosi e depressi da adulti

In uno studio sui giovani tra i 9 e i 13 anni pubblicato sulla rivista Jama Psychiatry vengono descritte le conseguenze a lungo termine del bullismo.

E’ emerso che le vittime di bullismo sono più a rischio di soffrire di disturbi psichiatrici da adulti, dalla depressione, all’ansia, dagli attacchi di panico all’agorafobia. E’ emrso anche che i bulli possono risentirne a lungo termine del proprio comportamento e divenire adulti con disturbo antisociale.

Articolo completo su:

 

COSA SUCCEDE AL CERVELLO SE SOGNIAMO AD OCCHI APERTI?

Quando fantastichiamo, sogniamo ad occhi aperti si attivano le aree cerebrali coinvolte nella memoria come l’ippocampo, una struttura che archivia le informazioni e recupera i ricordi.

Si attivano, inoltre, anche i circuiti nervosi della percezione. Infatti, se immaginiamo un oggetto, è stato verificato che si attivano le stesse aree cerebrali  che si attiverebbero se lo avessimo effettivamente davanti agli occhi. Allo stesso modo se immaginiamo di fare un movimento si attivano le stesse aree cerebrali che si attiverebbero se lo stessimo facendo veramente.

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