Gli adolescenti d’oggi e il rischio di dipendenze patologiche

-Società del “tutto e subito”

Viviamo in un società dove la ricerca del benessere viene al primo posto. I figli del terzo millennio sono abituati da piccoli ad avere in casa ogni bene possano desiderare.

Sono abituati ad avere tutto e subito, non sono abituati ad aspettare, questo emerge da diverse ricerche sulle famiglie fatte negli ultimi anni.

L’infanzia oggi è caratterizzata da una miriade di inutili accessori materiali, da pochi e inadeguati rispecchiamenti con l’altro, senza guida autorevole e regole chiare, questo crea nel bambino un senso di onnipotenza,  di solitudine e di facilità di esposizione a ferite narcisistiche elevate da farlo sentire vuoto e da spingerlo a identificarsi con il vuoto stesso. Il bambino tenderà a riempirsi con qualunque cosa, riducendo in frantumi ogni limite.

Tale tendenza, prima di sfociare in vere condotte disadattate, è già visibile nei bambini che non riescono a stare da soli senza sentirsi soli e che non sopportano la noia, disperdendosi in mille attività, senza svolgerne nessuna con passione e desiderio, nei bambini che presentano frequenti scoppi di ira alla minima contrarietà e con difficoltà a tornare in tempi brevi a un normale equilibrio dell’umore.

-Ricerche delle neuroscienze

Recenti ricerche nell’ambito delle neuroscienze e neurobiologia confermano che un’educazione permissiva e una bassa qualità di relazioni tra genitori e figli produca nei bambini un enzima, la dopaminabetaidrossilasi, che modula il sistema nervoso in modo da non far percepire al soggetto i limiti della gratificazione.

Non possedendo gli strumenti interni per percepire il limite,  il soggetto può cadere nell’eccesso, tentando continuamente di trovare un appagamento che invece non potrà mai raggiungere.

Bambini non contenuti e con poche regole producono un’eccessiva quantità di cortisolo (ormone dello stress), responsabile di una cattiva proliferazione delle cellule nervose del cervello.

La mancanza reiterata di autorevolezza sembra provocare un inadeguato sviluppo delle vie nervose dalla corteccia frontale del cervello al sistema libico causando un diminuito controllo delle pulsioni.

I bambini, dai primi mesi di vita, hanno bisogno di sentire che le figure di riferimento avvertono ciò che essi stanno sentendo e percependo in questo momento.

Grazie ai continui rispecchiamenti, scambi e sintonizzazioni empatiche, presto i piccoli apprendono a identificare stati mentali diversi, a strutturare un adeguato sistema emozionale, a regolare e a modulare le pulsioni e sensazioni, a contenere gli stati d’animo sgradevoli e a usare nel migliore modo quelli piacevoli.

Se, al contrario,i genitori non rispondono in modo idoneo alle richieste del figlio, non rispecchiandolo, disattendendo il suo bisogno di vicinanza e di aiuto, il piccolo crescerà senza poter capire cosa deve fare per guadagnarsi l’affetto dei genitori e senza poter comprendere quando essi possono essere disponibili con lui, rimanendo dipendente.

Alcune zone del suo cervello inizieranno a produrre cortisolo e altre sostanze simili, provocando uno stress che , se prolungato nel tempo, lo renderà prima un adolescente e poi un adulto  prigioniero del proprio stato di dipendenza e non in grado di autorassicurarsi.

Mettendo costantemente in dubbio la realtà delle proprie percezioni e sensazioni, questi figli tenderanno a rimanere dipendenti dal mondo esterno perché tesi alla ricerca di conferme sulla validità del proprio sentire.

Figli fragili,  incapaci di accettare le emozioni tanto da viverle con angoscia con molta probabilità che i genitori:

-accettano le manifestazioni delle emozioni dei figli ma senza interagire con loro

-oscillano dal divieto alla tolleranza totale

-si sentono soggiogati dagli stati d’animo dei figli fino ad averne paura

-non danno indicazioni sui comportamenti da assumere

-non aiutano a gestire le pulsioni, poiché non pongono i limiti opportuni e regole adeguate

-sottovalutano i sentimenti dei figli, ritenendoli poco importanti.

La droga, l’alcol, l’anoressia e la bulimia, l’abuso del Web, le intossicazioni d’amore, la compulsione a comprare, la spinta all’azzardo nel gioco, non capitano ad un adolescente perché ribelle di carattere, né perché trascinato da amici sbagliati o perché tenta di emulare modelle.

Le circostanze a rischio favoriscono solo una tra le tante possibilità di collasso attraverso cui l’adolescente rinuncia alle proprie funzioni di sentire se stesso e gli altri.

Il più delle volte per non soffrire da questa mancanza di contatto, si getta come un burattino nella mischia, cercando di fare quello che fanno tutti, senza paura, senza sentire.

Senza prendersi  la responsabilità di costruire rapporti significativi e per questo rischiosi.

-Cosa dovrebbero fare i genitori?

I genitori oltre a insegnare ai propri figli comportamenti adeguati, a trasmettere idonei modelli culturali, a promuovere valori positivi e a favorire l’emergere delle potenzialità, dovrebbero mantenere alto il potere contrattuale.

Concessioni e divieti, aperture e sanzioni vanno misurati in base all’età, in un clima di chiarezza, autorevolezza e disponibilità, questi saranno in grado di capire nel tempo che cosa è bene fare per conquistarsi libertà e autonomia senza rischiare più di tanto.

Negli studi di neurofisiologia si è constatato che una relazione educativa basata su regole, contenimento e disponiblità favorisce una chimica cerebrale in grado di sviluppare neuroni in numero e forma e funzionalità di livello superiore e più adattivo.

L’aver introitato un’educazione caratterizzata da rispecchiamenti, condivisione, empatia, regole, contenimento e sanzioni contribuisce allo sviluppo di flessibilità e realismo, di coraggio che permette un’esplorazione dentro e fuori di sé.

La ricerca di affermazione e di autonomia da parte dei figli adolescenti non è in contrasto con il rispetto delle regole e con il contenimento educativo.

Per prevenire tali forme di disagio occorre stabilire con i figli una buona relazione educativa precoce e costante caratterizzata da una buona sintonia emotiva, tempo significativo da dedicare a loro, autorevolezza e contenimento.

Un genitore per aiutare suo figlio a gestire le emozioni dovrà:

– mostrare interesse alle emozioni dei figli  trasformandole in occasioni di dialogo, di condivisione;

-trascorrere un po’ di tempo con i figli senza essere impaziente, condividendo con loro sensazioni e difficoltà;

-aiutare a riconoscere le pulsioni interne dei figli e a gestirle;

-costruire insieme a loro regole da rispettare, soluzione di problemi, interazioni, giochi;

-far rispettare le regole e i divieti stabiliti;

-rispecchiare gli stati d’animo, sensazioni, i bisogni dei figli,  per offrire loro l’opportunità di gestire le proprie pulsioni attraverso le emozioni e indicazioni dell’adulto.

 

Bibliografia di riferimento:

Pietropolli Charmet, G., Ragazzi sregolati. Regole e castighi in adolescenza, Franco Angeli, Milano 2005.

Rizzolatti, G., Fogassi, L., Gallese, V., Neurophysiological Mechanism Underlying the Understanding and Imitation of Action, in “Nature Reviews. Neuroscience”,2,9,2001,pp.661-70

U. Mariani; E. Schiralli. Nuovi Adolescenti, nuovi disagi., 2011, Mondatori Milano.

Articolo scritto da

Dott.ssa Laura Tavani

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